QUELLA NOTTE IN CUI MORÌ IL CALCIO

Nella Storia, quella con la S maiuscola, ci sono date che fanno da spartiacque, tanto da poter individuare un prima e un dopo. La data che ha cambiato per sempre lo sport più famoso del mondo è il 29 maggio 1985. Dopo la sconfitta di Belgrado contro l’Ajax e l’atroce beffa di Atene contro l’Amburgo, la Juve si ritrova a Bruxelles, contro quel Liverpool campione in carica, per tentare finalmente la scalata all’Europa, fortemente voluta da Boniperti, trascurata e inseguita per decenni dopo aver dedicato troppe attenzioni al campionato italiano. La sede prescelta è Bruxelles e il suo principale stadio, l’Heysel. Uno stadio non di prim’ordine nonostante non sia la prima volta che ospita una finale calcistica europea. Gradoni, muri, reti sottili simili a quelle di un pollaio, capienza non eccezionale. Quello che succede alle 19.40 di quella calda sera belga lo sappiamo un po’ tutti. La vendita dei biglietti era stata abbastanza caotica con un settore, denominato Z, che doveva essere riservato agli spettatori neutrali e che invece fu riempito di juventini e famiglie. Un settore letteralmente attaccato a quello dei tifosi del Liverpool, separato solamente da una rete metallica. Un’ora prima della partita i tifosi dei Reds, gonfi di birra, caricano e assaltano quel settore semi bianconero. E’ l’apocalisse. In pochi minuti decine di persone vengono picchiate, schiacciate contro le reti e i muri, sepolte sotto decine di corpi. Anche un bambino di 11 anni, Andrea Casula, muore insieme al babbo. Alla fine i morti saranno 39, tra i quali 32 italiani. Michel Platini una volta disse: “Quando gli acrobati cadono cal suolo, entrano i pagliacci e i clown per distrarre il pubblico”. La tragedia diventa farsa. La polizia belga in balia degli hooligans inglesi, schierata a cavallo come se dovesse dar vita a una parata; l’UEFA che obbliga le due squadre a giocare; i due capitani che parlano al microfono; il rigore fasullo che consegna la Coppa alla Juve e poi…….già poi 3 decenni di polemiche.
La Juve non doveva giocare, la Juve doveva restituire la Coppa, Platini non doveva festeggiare dopo aver segnato il rigore, la Juve ha una Coppa sporca di sangue.
Se ne sono dette tante in questi anni.
Chi c’era sa che le due squadre furono obbligate a giocare per motivi di ordine pubblico e per permettere alla ridicola polizia belga di organizzare la fuoriuscita dei tifosi.
Chi c’era sa che restituire la Coppa era impossibile per un motivo: restituirla a chi?
All’UEFA che era la principale responsabile di quel massacro? Al Liverpool i cui tifosi avevano causato quell’infinito macello?
Oggi quella Coppa è nel museo dello Juventus Stadium, accanto a una sezione dedicata interamente a quelle vittime. E’ dedicata a loro ed è giusto che stia a Torino, per ricordare a tutti quell’orrenda notte.

Quel giorno il calcio ha perso per sempre la sua innocenza. Chi, come me, ha superato i 30 anni da un pezzo, ricorda bene cosa significasse la parola hooligan negli anni ’80. Vandali travestiti da tifosi, imperversavano in tutte le trasferte delle squadre inglesi o della Nazionale. Durante i Mondiali di calcio italiani l’Inghilterra fu inserita nel girone che si giocava qui a Cagliari proprio per isolare dalla terraferma i tifosi inglesi.
Cosa successe dopo?
La Thatcher, primo ministro inglese, prese misure drastiche, la UEFA squalificò le squadre inglesi dalle Coppe Europee per anni e mise mano, finalmente, a una diversa e professionale organizzazione dei grandi eventi calcistici europei. La polizia belga e i suoi responsabili se la cavarono con condanne ridicole e qualche multa.

Eppure ci vorrà un’altra mattanza, quella dell’Hillsborough nell’aprile 1989 (96 morti), per mettere mano definitivamente al problema hooligans negli stadi inglesi.
In Europa hanno imparato la lezione. Da noi non ancora.
Sono sotto i nostri occhi gli incidenti che ancora accadono in tanti stadi italiani fatiscenti. Ma sono soprattutto nelle nostre orecchie gli orrendi cori che da tante curve d’Italia si levano contro quei 39 morti, la cui colpa, per tanti imbecilli che si nascondono negli stadi, fu quella di essere juventini. Non dimenticare è fondamentale affinchè una festa dello sport non si macchi più di sangue. Non dimenticare è fondamentale affinchè quella risibile cultura sportiva che da noi non esiste, possa un giorno rifiorire.
Oggi è il giorno del silenzio e della commemorazione.
Una sola parola: mai più