LO SCANDALOSO TRATTAMENTO RISERVATO A UN BAMBINO JUVENTINO ALLO STADIO DI BOLOGNA. QUI TUTTA LA STORIA

Proponiamo la lettera indirizzata da una mamma che ha portato il suo bambino juventino allo stadio di Bologna per vedere la Juventus alla Gazzetta dello Sport. Indignarsi e condividere in questi casi è fondamentale.

Gentile direttore Monti, cercherò di essere concisa anche se è difficile poter sintetizzare in poche parole le proprie emozioni, anzi il proprio dispiacere. In famiglia non si andava allo stadio da molto tempo: l’occasione giusta si presenta il 19 febbraio, Bologna-Juve al Dall’Ara. Ecco il regalo per il nostro bimbo, Giovanni, che compie otto anni. Sì, lo porteremo allo stadio così vedrà da vicino la squadra del cuore, la Juve. Ci siamo, finalmente. Ho a casa una vecchia sciarpa bianconera che metto al collo, non troppo visibile, sia chiaro. Nei pressi dello stadio acquistiamo una piccola bandiera e la sciarpa di Dybala che Giovanni mette al collo, mentre mio marito, milanista da 40 anni,
fa finta di non vedere… I cancelli aprono alle 18 e noi siamo già lì per evitare code e lunghi tempi di attesa; nell’avvicinarci allo stadio avvertiamo negli sguardi della gente una certa «insofferenza». Eppure, le assicuro ancora, le sciarpe, volutamente, non erano neanche troppo esposte. Meccanismi comprensibili?

Alle 18.15 eravamo già seduti:, finalmente la magia dello stadio: luci, colori, musica. Si respirava aria di festa e negli occhi di Giovanni leggevo la felicità. Dopo una decina di minuti vengo avvicinata da una hostess, la quale mi invita a togliere la sciarpa . Chiedo spiegazioni sul perché, mi viene risposto che «è meglio così». Il confronto dialettico dura qualche minuto senza portare a niente di definitivo, anzi sì, alla fine tolgo la sciarpa. Inizia la partita tra cori e suoni, Giovanni è felice, prende la sua piccola bandiera e inizia a sventolarla. Lo invito a metterla via, ma lei capisce quant’è difficile

poter spiegare a un bimbo di otto anni perché non può tifare liberamente

la squadra del cuore. Detto fatto: Giovanni viene invitato da un «signore» a mettere via la bandiera . Giovanni lo guarda, resta lì fermo, prende la bandiera e la mette per terra. I suoi occhi sono tristi.

Direttore, doveva essere una bella serata allegra e spensierata, invece si è rivelata una serata punitiva: fermi e in silenzio, senza la libertà di poter tifare con gioia e nel rispetto di tutti la propria squadra. Mi dispiace, ma è solo utopia avvicinare le famiglie all’interno di uno stadio.