IL FOLLE VOLO

Potevamo perderla, e mai come stavolta. E forse  è proprio per questo che alla fine l’abbiamo vinta. Quando Allegri, prima dei supplementari, catechizzava i suoi tirava una strana aria, come se qualcosa di magico circondasse il gruppo, “insieme, se giochiamo insieme la portiamo a casa”. Sì insieme.

Eppure i segnali per un’ennesima, tragica finale si erano avuti. Loro che ci pressano alti sin dall’inizio, Radu che, colpevolmente lasciato da solo dai nostri centrocampisti, fa esultare mezza Italia, noi che sembriamo aver la testa a ben altri lidi.

“Ma se questi giocano così col Barcellona ne prendono 5 o 6”… La partita comunque la riusciamo a pareggiare quasi subito col Chiello, lui che ha indossato la maglia della Juventus anche in provincia in quel 2006 una finale la vuole prendere a morsi.

Dopo l’1-1 la partita è tutta sudore, fatica, sangue perché le finali raramente son belle da vedere, sono un ingorgo tattico in cui vince chi riesce ad arrivare prima a casa con meno danni. Loro hanno qualche strappo, noi attendiamo attendiamo attendiamo che esca il sole.

Sino al minuto 86’. Lì i tifosi bianconeri cominciano a vedere gli spettri di altri finali. A Matri annullano un gol che sembra buono. Vedrete che allora ci puniranno…

Si va ai tempi supplementari.

Lì improvvisamente cambia tutto, perché dovete sapere che la Juventus, in un periodo che temporalmente si potrebbe inquadrare tra il sorteggio dei quarti di Champions e la vittoria a Firenze in Coppa Italia, è salita su una barca, in balia della marea, verso posti inimmaginabili. Quindi quando Eolo, signore dei venti, decide di cambiare rotta si nota subito.

Dunque minuto 94’, Djordjevic, il vento soffia diversamente, doppio palo. Ci spaventiamo, certo, ma in quel momento capiamo che l’attesa è valsa una finale e colpiamo. Di nuovo con Matri, il figlioccio di Allegri. Uno che quando ancora si piangeva Conte, giocava in rosso e blu, “figurati se lo rivediamo ancora in bianconero”.

Queste stagioni girano così. Ora siamo arrivati ai confini del mondo conosciuto, lungo la rotta del possibile.

Avremo la forza, come Ulisse, di intraprendere il folle volo, lungo la rotta dell’imponderabile? O il dio del calcio ci punirà spedendoci all’inferno?

Appuntamento all’Olympiastadion, quello sì un girone dantesco, per scoprirlo.