BUFFON DISTRUGGE I PIAGNONI CON UNA RISPOSTA DA APPLAUSI

Vi proponiamo la bella intervista pubblicata su La Stampa. Gigi Buffon spiega, tra le altre cose, la differenza tra la Juve e le altre squadre e quell’episodio col Sassuolo.

Gigi Buffon, portieri si nasce o si diventa?
«Con l’attitudine e le qualità ci nasci, però io scelsi tardi e allora, lo sono diventato».

Donnarumma potrebbe essere lei vent’anni fa: un segreto per ritrovarsi grande portiere?
«Da giovane, per me vale pure adesso, non devi mai pensare di sapere già tutto. Mai credere di non poterti migliorare».

Per allenarsi, gli altri giocano e un portiere si butta: come si fa ad averne voglia tutti i giorni?
«Ho la fortuna di avere un club organizzato e l’armonia con il preparatore e gli altri portieri. Andare avanti senza tirare avanti: è la differenza».

Sole o neve cambia qualcosa?
«Ora non ci penso, ma ogni giorno mi chiedo: “Come sarà?” Sono incuriosito dal mio modo quotidiano di prepararmi: sono riuscito a robotizzarmi bene».

Guarda ancora gli altri?
«Sì, mi piace vedere la personalità, quella che rende diversi: tecnica, elasticità, forza, sono più o meno uguali, dalla A alla Lega Pro. Su ogni pallone devi fare la scelta che comporta meno rischi: questa è la mia bella sfida quotidiana».

Che differenza c’è tra un portiere di 17 anni e uno di 38?
«Nel mio caso, fino ai 30 sono stato accompagnato da un talento fuori dal comune, penso, e da una buona professionalità. Dopo, c’è stata la voglia di sudare nel vero senso della parola: capire dove dovevo migliorarmi, e l’agonismo, ora imprescindibile».

Higuain ci ha messo troppo agonismo?
«La squalifica non la commento, non tocca a me. Posso solo parlare di Juve».

La Juve l’hanno tirata in ballo.
«Mai come quest’anno la Juve ha levato a chiunque ogni alibi: quando parti con 12-13 punti di handicap e ti ritrovi a più sei a sette giornate dalla fine, è difficile aggrapparsi a qualcosa. Anche se poi ne viene detta spesso un’altra».

Ovvero?
«“Eh, però nei momenti decisivi la Juve…”: mi fa sorridere, non ridere. Perché tutto è relativo: in un momento che poteva essere decisivo, a Sassuolo, al 25’ la Juve è rimasta in dieci per una doppia ammonizione a Chiellini e dopo 10 minuti c’era un rigore sacrosanto su Sturaro che grida vendetta davanti a Dio. Poteva essere la pietra tombale. Però mi sembra che chi è andato in conferenza abbia mirato ad altro tipo di responsabilità e colpe: è la vera differenza».

Rizzoli ha parlato dell’episodio di Bonucci: ha fatto bene?
«È giusto che un arbitro spieghi. Non trovo invece intellettualmente corretto che nessuno abbia colto la differenza».

Tra Higuain e Bonucci?
«Sentivo e leggevo di una testata di Bonucci a Rizzoli: boh, io c’ero e non l’avevo vista. Leonardo, in modalità aggressiva, si è avvicinato alla testa dell’arbitro, ma senza toccarlo: differenza sostanziale».

Il Milan può far paura anche a meno 24 punti?
«Paura no, ma ci vuole grande rispetto. Squadre così hanno organici e qualità nei singoli da ribaltare il pronostico».

Che effetto fa essere a un passo dalla storia?
«Il penta-scudetto sarebbe una gratificazione inimmaginabile, perché devi essere un carro armato, di testa. E quest’anno avevamo tutte le ragioni per non vincere, tra i cambiamenti e una partenza a handicap da primato. Stiamo facendo qualcosa di epocale».

Morata è uno da tenere?
«Leggo che la Juve dovrà essere spettatrice. Comunque, sì: ha tutto per fare la differenza, quando non presenta anomalie psicologiche». (sorriso).

L’ha stupita Dybala?
«No. Fin dai primi giorni ho visto in lui la curiosità, il silenzio, la scaltrezza, la rapidità di sguardo con cui cercava di accalappiare nozioni del mondo Juve per farle sue e bruciare le tappe. E così è stato».

Che cosa resta della Champions?
«La delusione, ma nessun rimpianto. E siccome da quelli più bravi c’è sempre da imparare, ricordo Guardiola sugli arbitri: “Una squadra come la Juve non deve guardarli”. Delle volte sono a favore, altre contro, ma restano le occasioni che abbiamo avuto per chiuderla e non l’abbiamo fatto. Le tue fortune, spesso, dipendono solo da te».

I milanisti le rinfaccerebbero il gol di Muntari: ripeterebbe le cose di quattro anni fa?
«Era la verità, e quando la si dice non c’è nulla di cui pentirsi».

Conterà la conferma di Allegri?
«È molto importante: il secondo anno, tutti l’aspettavano al varco. Ma lui ha preso una consapevolezza, un’autorità, un modo di svolgere il lavoro molto belli, che ci piace: c’è tanto di suo in questa rimonta».

Conte è andato a casa Chelsea: peserà sull’Europeo dell’Italia?
«Non ci trovo nulla di male: il mister ha dimostrato in questi anni la professionalità che lo contraddistingue e il desiderio di primeggiare. Se uno ha queste due qualità, può anche guadagnarsi la libertà, e la correttezza, di dire che dopo l’Europeo non ci sarà più».

Da leggenda, si chiedono ancora le maglie agli avversari?
«Per gli altri: presi quella di Scholes, mio papà ne era innamorato. E la chiesi a David Luiz, quella del Brasile, per i miei figli. Io ne ho tante, di belle, ma le lascerò a loro, a me creano molta malinconia. Mi fanno pensare che ho passato tante belle avventure e stanno finendo. Ma non sono ancora finite».