BECCANTINI SULLA POLEMICA JUVE-ROSENBORG: LA RISPOSTA DEL GIORNALISTA A SACCHI È DA APPLAUSI

Brandelli d’Italia. La Juventus in Champions, la Lazio in Europa League. Altro non ci resta. La Roma ci ha lasciato a Madrid, Fiorentina e Napoli contro Tottenham e Villarreal. La Sampdoria addirittura l’estate scorsa, nei preliminari dell’ex Coppa Uefa, bocciata dai serbi del Vojvodina. Pensate: l’allenatore era ancora Zenga.
Un anno fa, la Juventus si spinse fino a Berlino e alla “bella” con i marziani del Barcellona. Fiorentina e Napoli
si arresero a Siviglia e Dnipro nelle semifinali di Europa League. Prendemmo quelle scosse come sintomi di rinascita, di progresso. Il nostro campionato ci parve, d’improvviso, più allenante di quanto non sembrasse a
Capello.

NON ESISTONO, in materia, ricette sicure. In Francia, il Paris Saint-Germain made in Qatar si è aggiudicato il quarto titolo consecutivo a otto giornate dal termine eppure, per questo o nonostante questo, si è mangiato il Chelsea persino a Londra. Scocciato e sbadigliante, ma evidentemente sul pezzo. Come Ibrahimovic, il signor “Non so se rimango”. L’ha fatta lui, la differenza. C’è più vita in Serie A: Juventus 67, Napoli 64. E ne restano ancora nove, di turni. Sarà il Bayern, domani sera, a fissare il destino europeo della Juventus. Dentro o fuori. L’andata degli ottavi, a Torino, stappò un’ora mortificante e una rimonta salgariana, da 0-2 a 2-2. Serve coraggio, serve un’impresa ai limiti del miracolo. Il Bayern è più forte e gioca meglio. L’archivio ribolle di occasioni sprecate, di scintille sfiorate. “La Juventus è come il Rosenborg”, ha chiosato Sacchi che, come tutti i geni, da incompreso brillò e accese la luce del calcio nuovo, mentre da compreso, e scimmiottato, porta in giro il solito campionario di luoghi comuni. Traduzione: Madama vince molto in Italia e poco all’estero. Sacchi ha ragione. La forbice tra scudetti (31) e Champions (2) rimane stridente. Il paragone scelto, in compenso, puzza di livore.

Se il Milan, a livello internazionale, ha disputato 28 finali e conquistato 18 trofei, la Juventus, nel suo piccolo, ne ha disputate 21 e conquistati 11. Il Rosenborg, nessuno. Tra parentesi, proprio i norvegesi tennero casualmente a battesimo il ritorno del Vate al Milan, il 4 dicembre 1996. Berlusconi, deluso e insofferente, aveva silurato Tabarez. Il Diavolo perse 2-1 a San Siro e venne eliminato dai gironi della Champions. Per carità, Sacchi era arrivato da un paio di giorni, ma per un genio due giorni valgono quanto due mesi di un “orecchiante” come Allegri. La Juventus è prigioniera dello slogan che Boniperti rubacchiò a Vince Lombardi, guru del football americano. “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Sacchi l’ha fatto notare, “a Torino sanno coniugare un solo verbo, vincere”, appunto, ma allora non si capisce perché, se bisogna andare oltre i risultati, abbia ignorato, o trascurato, le otto finali complessivamente disputate, in Champions, dalla Signora. Gli inglesi – coloro cioè che innalzarono il suo Milan alle vette della Grande Olanda, della Grande Ungheria e del Brasile 1970 – ogni volta che stilano un albo d’oro, a fianco dei successi citano anche i secondi posti (testualmente, runners-up). Come la mettiamo? IMMAGINO la risposta: qualità, non solo quantità. E così sia. La settimana, per la Juventus, si annuncia cruciale.

Dopo aver liquidato il Sassuolo con una magia di Dybala, e dopo l’immanente processo in Baviera, la capolista dovrà misurarsi con il Toro in un derby che i granata, beffati a Marassi dal Genoa, vivranno come l’ultima delle (tante, troppe) ultime spiagge. Superato Zoff, a Buffon mancano quattro minuti per polverizzare il record d’imbattibilità che, con 929’, Sebastiano Rossi stabilì nella stagione 1993-94, al Milan. Tu chiamale, se vuoi, emozioni. Giovedì, Lazio-Sparta di Europa League. L’1-1 di Praga costituisce un discreto tesoretto in vista dei quarti. A patto di non gestirlo con la zavorra mentale che spesso ci frena e ci frega. Tu chiamale, se vuoi, indecisioni.

Roberto Beccantini
(Fonte: il Fatto quotidiano del 15 marzo 2016)